HBV, Il virus dell'epatite B
La prima notizia dell’identificazione di una forma di epatite trasmissibile attraverso il sangue e i suoi derivati avvenne nel 1883.
Alla fine degli anni ’60 si trovò un antigene nel siero di un aborigeno australiano che successivamente venne chiamato HBsAg, antigene di superficie del virus B, da cui il nome di Antigene Australia.
In seguito si scoprì che lo stesso antigene era più frequente nei pazienti sottoposti a trasfusioni multiple e solo con studi successivi venne stabilita la correlazione con l’epatite B.
In Italia, l'incidenza di epatite B per anno ed età ha evidenziato un progressivo calo nel tempo anche se negli ultimi anni sembra che ci sia un nuovo aumento in relazione all’immigrazione di soggetti infetti provenienti dalle aree dove il virus è molto diffuso. Circa il 50% dei portatori cronici di HBV ha una replicazione attiva, soprattutto se le transaminasi sono elevate. Essi sono a maggior rischio di progressione di malattia e la cirrosi si sviluppa nel 15-20% dei casi entro 5 anni.
L’ HBV è un virus temibile: infatti si “integra”, entra dentro il DNA delle cellule del fegato e ne altera la replicazione (la riproduzione delle cellule del fegato, degli epatociti), portando alla formazione di cellule alterate che portano al tumore.