Un gene può bloccare le epatiti B, C e D. La scoperta che cambia tutto
Curare tre diverse epatiti bloccando un unico gene che le aiuta nella replicazione virale nel fegato: qual è la scoperta australiana e cosa può cambiare in futuro
Un solo gene per fermare tre diverse epatiti, la B, C e D: è l'importantissima scoperta fatta da alcuni scienziati australiani del Westmead Institute for Medical Research (Wimr) che hanno scoperto il ruolo del gene TM6SF2 in grado di limitare la quantità di particelle dei tre agenti virali che prendono di mira il fegato per poi diffondersi nell'organismo.
Il ruolo del gene
La ricerca si può consultare sul The Journal of Infectious Disease dove viene spiegato il meccanismo di questo gene: gli esperti spiegano che l'epatite virale cronica è un'infiammazione a lungo termine del fegato causata dai tre diversi virus sopra menzionati. La grossa novità sta nel fatto che anche se questi virus si replicano in modo diverso utilizzano tutti lo stesso "percorso" per riprodursi che passa dal gene TM5SF2. "Il nostro team di ricerca sapeva che il gene TM6SF2 è associato alla malattia del fegato grasso coinvolto nel trasporto del grasso dal fegato al flusso sanguigno. Ciò ci ha fatto chiedere se il gene potesse anche svolgere un ruolo simile nel trasporto delle particelle virali fuori dal fegato", ha dichiarato il principale autore dello studio, il prof. Mark Douglas dello Storr Liver Centre presso il Westmead Institute for Medical Research (WIMR).
La scoperta
Ecco qual è stata l'intuizione che ha portato a nuove evidenze scientifiche: lo studio iniziale è stato effettuato su pazienti con epatite B vedendo che se TM6SF2 diventava meno efficace si riduceva nel sangue anche la quantità di una particolare proteina. Da questa base di partenza i ricercatori hanno iniziato la fase successiva, ossia quella di esaminare nel dettaglio le cellule dell'epatite B, C e D "per vedere se la riduzione dell'efficacia di TM6SF2 avesse lo stesso effetto su tutti e tre i virus". Ebbene, con esami di laboratorio è stto scoperto che abbattendo questo gene si riducevano notevolmente le particelle virali di tutte e tre le diverse epatiti.
Cosa cambia adesso
La strada è ancora lunga ma viene in mentre un detto popolare riadattato, ossia che con "una fava si possono prendere ben tre piccioni" ed è proprio questo il caso: scoprendo in quali modi si può abbattare il gene, ecco che si aprirebbe la strada a un trattamento sicuro ed efficace di prevenzione delle tre malattie. "Sebbene ci sia ancora molta strada da fare, questa scoperta è molto promettente. In definitiva, un farmaco che colpisca tutti e tre i virus contemporaneamente cambierebbe la vita di milioni di persone in tutto il mondo che convivono con l'epatite virale cronica", conclude Douglas.
Cosa sono l'epatite B, C, D
L'epatite virale cronica è tra le infezioni più comune in tutto il mondo con circa 350 milioni di casi ogni anno e oltre un milione di decessi.
L'epatite B si trasmette con rapporti sessuali non protetti e con sangue infetto: veicolo del virus oltre al sangue anche liquidi vaginali e sperma. Nessuna preoccupazione diversamente perché non si può trasmettere in alcun modo con un contatto diverso se non quelli appena descritti.
L'epatite C, anch'essa che prende di mira il fegato, è più subdola e silente e può manifestarsi dopo anni dal contagio: anche in questo caso è il sangue infetto il principale veicolo con lo scambio di siringhe infesse ma più difficilmente per trasmissione sessuale o parentale (madre-figlio).
L'epatite D è sempre concomitante con il virus di quella B motivo per il quale può replicarsi soltanto in presenza dell'altro agente virale: allo stesso modo dei precedenti, l'infezione avviene a causa di trasfusioni e fluidi corporei di persone infette.
"Questa scoperta che viene dall’Australia apre una strada nuova verso la produzione di farmaci che potrebbero funzionare contro tutte le forme di epatite virale cronica", spiega a Repubblica l'epidemiologo Pier Luigi Lopalco. "Si tratta ancora di studi preliminari ma la scoperta è promettente perché ha identificato un nuovo bersaglio, il gene TM6SF2, per la ricerca di nuove molecole".
Fonte: ilgiornale.it