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Quali sono le possibili cause di ipovitaminosi D e le conseguenze sulla salute ossea

Uno stato carenziale di vitamina D (o ipovitaminosi D) può essere correlata a diverse situazioni, tra cui: 1) una minore biosintesi endogena in risposta ai raggi UVB (alto grado di pigmentazione cutanea dovuto all'alto assorbimento delle radiazioni UVB da parte della melanina [1,2], invecchiamento, eccessiva copertura della pelle determinata dagli indumenti indossati e, soprattutto, mancata o ridotta esposizione alla luce solare; a tale proposito va sottolineato che l'angolo d'incidenza dei raggi solari che raggiungono la superficie terreste - determinato dalla latitudine, dalla stagione dell'anno o dall'ora del giorno - incide profondamente sul numero di fotoni UVB che colpiscono la pelle esposta. Più in dettaglio, la biosintesi di vitamina D si riduce quando l'angolo zenitale solare è minore (per esempio, in inverno e nel tardo pomeriggio, quando il sole è più basso sulla linea dell'orizzonte) mentre è superiore quando tale angolo è maggiore, come in estate e a mezzogiorno, in cui il sole si trova a perpendicolo rispetto al piano della superficie terrestre) [1,2]; 2) sindromi da malassorbimento (celiachia, intestino corto) [1] e obesità (intesa come BMI<30 kg/m2, a causa della sequestrazione nel grasso corporeo della vitamina liposolubile, che diviene così meno biodisponibile) [2]; 3) sindrome nefrosica (per via dell'eliminazione con le urine del calcidiolo legato alla vitamin D-binding protein) [8]; 4) insufficienza epatica e renale (in conseguenza della minore attivazione enzimatica della D nei due organi) [3]; 5) assunzione di vari farmaci (come gli anti-AIDS/HIV) che aumentano il catabolismo di calcidiolo e calcitriolo [2]; 6) scarsa mobilità (che può determinare una lunga permanenza in ambienti chiusi come nel caso dei degenti delle case di cura, anch'essa correlata alla carente esposizione cutanea ai raggi solari) [3]; 8) assunzione di alimenti che non contengono naturalmente la vitamina D o, anche se fortificati con essa, non soddisfano il fabbisogno giornaliero [1].

Le conseguenze di una carenza di vitamina D sono varie: a) infezioni delle alte vie respiratorie e tubercolosi; b) malattie autoimmuni (malattia di Crohn, diabete di tipo 1, sclerosi multipla, artrite reumatoide); c) cancro (a carico di mammella, colon, prostata, pancreas, etc.); d) schizofrenia, depressione; e) soprattutto: debolezza muscolare e osteoporosi [3].La carenza di vitamina D provoca un difetto nella mineralizzazione ossea e debolezza muscolare, condizioni che - insieme a condizioni di osteomalacia e osteoporosi - aumentano il rischio di fratture. La carenza di vitamina D, in particolare, comporta effetti documentati sulla salute delle ossa, a causa della down-regolazione dell'omeostasi del calcio e dell'aumento dei livelli di PTH, che influiscono negativamente sul rimodellamento osseo aumentando il riassorbimento [4].

Il processo fisiologico di mineralizzazione consiste nell'incorporazione di minerali (Ca, P e altri) nella matrice organica (osteoide) sintetizzata e depositata dagli osteoblasti [5]. Nell'osso ad alto turnover è presente un contenuto maggiore di tessuto osteoide (non ancora mineralizzato), perché sulla sua superficie avviene un maggiore rimodellamento rispetto alla condizione normale, e il tessuto mineralizzato contiene quantitativi minori di minerali. In caso di carenza severa e protratta di vitamina D, il volume del tessuto osteoide si accumula oltre il 5%, causando osteomalacia. Anche la perdita di massa ossea aumenta nei periodi di prolungata carenza di vitamina D e tale condizione può provocare osteoporosi, che si verifica quando la formazione di nuovo tessuto osseo non compensa la rimozione di quello vecchio [6]. Essendo associata a una bassa densità minerale ossea, la carenza di vitamina D rappresenta un fattore di rischio chiave per la frattura osteoporotica [6].

Le fratture ossee, in particolare quelle della colonna vertebrale o dell'anca, sono le più gravi complicanze dell'osteoporosi. Le fratture dell'anca, spesso conseguenza di una caduta, possono determinare disabilità e persino un aumento del rischio di morte entro il primo anno successivo all'infortunio. In alcuni casi si verificano fratture vertebrali anche senza cadute. Le vertebre possono indebolirsi fino al punto di ripiegarsi, provocando mal di schiena, riduzione dell'altezza e una postura curva in avanti [7]. Il rischio di fratture va esteso anche ai pazienti adulti con osteomalacia e ai bambini con rachitismo [6]. In parte, l'osteoporosi è un effetto a lungo termine dell'insufficiente apporto di calcio e/o di vitamina D, al contrario del rachitismo e dell'osteomalacia, che sono causati dall'ipovitaminosi D [6].

In sintesi, in caso di carenza di vitamina D, la concentrazione sierica di calcitriolo potrebbe diminuire e il calcio risulterebbe, quindi, meno disponibile per la mineralizzazione ossea. Di conseguenza, il livello dell'ormone paratiroideo (PTH) aumenterebbe come tentativo di compenso, inducendo nel rene l'idrossilazione del calcidiolo a calcitriolo). Infine, l'aumento sierico del PTH stimola il turnover osseo che comporta la perdita ossea [6]

Ai fini prescrittivi (nota AIFA n.96) [8], va precisato che la carenza di vitamina D si manifesta quando i livelli raccomandati non vengono mantenuti nel tempo, per cui l'impiego clinico della vitamina D3 si realizza quando si renda necessario prevenire o contrastare l'ipovitaminosi D e per il trattamento dell'osteoporosi: 1) prevenzione della carenza di vitamina D negli adulti a rischio, associata alla mancata aderenza terapeutica (compliance) con la somministrazione giornaliera di basse dosi di colecalciferolo; b) trattamento iniziale della carenza clinicamente rilevante di vitamina D negli adulti [6,13].

Fonte: doctor33.it


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