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Nuovi dati dimostrano che Sebivo® (telbivudina) permette di ottenere una più rapida e marcata soppressione della carica virale rispetto ai due principali trattamenti per l’epatite B cronica

• Studi dimostrano che i pazienti già in trattamento con adefovir e lamivudina traggono beneficio quando la terapia in corso viene sostituita con telbivudina

• Analisi dimostrano che il raggiungimento di una rapida e profonda soppressione virale permette di ottenere risultati migliori a due anni.

Origgio, 31 ottobre 2006 – Nuovi dati emersi da tre studi clinici dimostrano che i pazienti affetti da epatite cronica B trattati con telbivudina sono in grado di ottenere una più rapida e marcata soppressione della carica virale rispetto ai pazienti trattati con i due farmaci antivirali ad oggi più largamente utilizzati, lamivudina o adefovir. Una profonda soppressione della carica virale riduce il rischio di progressione della malattia e costituisce l’obiettivo primario del trattamento nell’epatite cronica B.

I risultati riportati da questi studi verranno presentati al 57° Congresso Annuale dell’Associazione Americana per lo Studio delle Malattie del Fegato (AASLD, American Association for the Study of Liver Diseases), in corso a Boston.

I dati a due anni ottenuti dallo studio GLOBE, un trial clinico di fase III che ha visto la partecipazione di 1.367 pazienti, hanno mostrato che telbivudina permette di ottenere una riduzione significativamente superiore della carica virale, fino a raggiungere livelli di non rilevabilità (vale a dire, negativizzazione della PCR ) rispetto a lamivudina (il 56% contro il 39% dei pazienti HBeAg positivi, p< 0,01; l’82% contro il 57% dei pazienti HBeAg negativi, p< 0,01). I dati presentati all’AASLD si basano su un’analisi globale di tipo “intent-to-treat” (vale a dire comprendente anche i dati dei pazienti che hanno interrotto la terapia per un qualsiasi motivo ed in qualsiasi momento dello studio), comprendente tutti i pazienti inizialmente partecipanti al trial.

Due studi aggiuntivi dimostrano, inoltre, che i pazienti che sono passati a telbivudina da adefovir o lamivudina hanno ottenuto riduzioni della carica virale più significative, rispetto ai pazienti che hanno proseguito la loro terapia originaria.

Il Professor Adrian M. Di Bisceglie, MD, Professore di Medicina, Direttore del Settore Epatologia, del Dipartimento Gastroenterologia ed Epatologia dell’Università di St. Louis e Condirettore del Saint Louis University Liver Center, USA, ha dichiarato: “In una malattia cronica, che spesso richiede un trattamento a lungo termine, è importante sapere in che modo i pazienti risponderanno nel tempo. I risultati dello studio GLOBE, importante studio a due anni di un trattamento per l’epatite B, forniscono un’ulteriore prova che la risposta antivirale a 24 settimane è associata ad un miglior risultato clinico a due anni.”

Telbivudina, la cui somministrazione prevede una sola compressa da assumersi per via orale una volta al giorno, indipendentemente dall’assunzione di cibo,, è stato approvato negli US il 25 ottobre e sarà commercializzato con il nome di Tyzeka?. Le richieste di approvazione sono state sottoposte all’European Medicines Agency (EMEA) ed all’Autorità Sanitaria Cinese nel primo trimestre del 2006.

Approssimativamente 350 milioni di persone nel mondo sono affette da epatite cronica B, un virus che colpisce il fegato e che viene stimato da 50 a 100 volte più infettivo del virus dell’immunodeficienza umana (HIV, Human Immunodeficiency Virus)1. Il virus dell’epatite B può causare un’infezione cronica, che può durare tutta la vita e costituire la causa di diverse patologie epatiche, tra cui la cirrosi, l’epatocarcinoma e la degenerazione epatica fino a rivelarsi addiritura letale2. L’epatite B costituisce la seconda causa più comune di tumore dopo il fumo, con 1,2 milioni di persone che muoiono annualmente per malattie epatiche croniche correlate all’epatite B3.

William Hinshawi, Responsabile della Divisione Malattie Infettive, Trapianti e Immunologia di Novartis Pharma AG ha dichiarato: “Siamo impegnati per far fronte alle esigenze dei pazienti affetti da epatite B e siamo soddisfatti dei risultati positivi dello studio su telbivudina. Non vediamo l’ora di iniziare a collaborare con le autorità regolatorie, al fine di rendere disponibile telbivudina ai pazienti, in tutto il mondo il più rapidamente possibile. Gli importanti dati clinici ottenuti con telbivudina forniranno ai medici una prova convincente sulla quale basare il proprio processo decisionale clinico.”

Studio GLOBE: risultati principali

A due anni, telbivudina ha ottenuto una risposta terapeutica superiore – il parametro di efficacia primario – nel 64% dei pazienti HBeAg positivi rispetto al 48% dei pazienti trattati con lamivudina (p< 0,01). Nei pazienti HBeAg negativi, la risposta era del 78% rispetto al 66% (p< 0,01). Ad un anno la risposta terapeutica era significativamente superiore nei pazienti HBeAg positivi trattati con telbivudina rispetto a quelli trattati con lamivudina (rispettivamente 75% vs 67%, p<0.05), invece nei pazienti HBeAg negativi la risposta terapeutica era simile nei due gruppi di trattamento (rispettivamente 75% vs 77%). La risposta terapeutica costituisce un parametro composito costituito dalla soppressione della carica virale (soppressione dell’ HBV DNA nel siero, inferiore a 100.000 copie/mL) e dal miglioramento dei marker epatici (normalizzazione ALT) o non misurabilità dell’antigene “e” dell’epatite B (HBeAg, Hepatitis B e-Antigen).

Telbivudina ha ottenuto una superiore attività nei confronti dell’antigene “e” rispetto a lamivudina, nella popolazione totale di pazienti HBeAg positivi. Nella popolazione di pazienti HBeAg positivi ammissibili al trattamento, come definito dalle linee guida dell’AASLD (vale a dire, al basale valori di ALT maggiori del doppio del limite superiore al normale), il vantaggio per telbivudina è risultato statisticamente significativo (perdita di HBeAg: 41% verso 33%, p< 0,05; sieroconversione HBeAg: 36% verso 28%, p< 0,05).

L’analisi dei dati a due anni ottenuti dallo studio GLOBE hanno dimostrato che, indipendentemente dal trattamento, l’ottenimento di una marcata e precoce soppressione della carica virale nel corso della terapia permette di ottenere migliori risultati di efficacia al secondo anno. Questi risultati includono livelli di virus non misurabili (negativizzazione della PCR), normalizzazione degli enzimi epatici (ALT) e sieroconversione HBeAg. Nei pazienti che hanno ottenuto la negativizzazione della PCR a 24 settimane, il tasso di sieroconversione dei diversi gruppi di trattamento corrispondeva al 46% a due anni. Un maggiore numero di pazienti trattati con telbivudina hanno conseguito la negativizzazione della PCR nelle prime 24 settimane di trattamento rispetto ai pazienti trattati con lamivudina (il 44% verso il 32% dei pazienti HBeAg positivi, p< 0,05; l’80% verso il 71% di pazienti HBeAg negativi, p< 0,05).

Nei pazienti trattati con telbivudina la percentuale di innalzamento dei valori delle ALT nel siero, associata a resistenza è risultata numericamente inferiore e meno grave rispetto a quanto osservato nei pazienti trattati con lamivudina. Ottenendo una precoce negativizzazione della PCR, è stato inoltre possibile ridurre l’incidenza della resistenza virale. I pazienti trattati con telbivudina che hanno ottenuto negativizzazione della PCR alla ventiquattresima settimana, hanno presentato percentuali di resistenza a due anni del 4% nei pazienti HBeAg positivi ed al 2% nei pazienti HBeAg negativi. I pazienti trattati con telbivudina hanno mostrato una resistenza virale significativamente inferiore rispetto ai pazienti trattati con lamivudina a due anni (il 17,8% verso il 30,1% dei pazienti HBeAg positivi, p< 0,05; il 7,3% verso il 15,4% di pazienti HBeAg negativi, p< 0,05).

I risultati dello studio GLOBE a due anni supportano il profilo di sicurezza generale favorevole per telbivudina. Le elevazioni della creatinchinasi (CK) di grado 3-4 si sono rivelate più comuni con telbivudina rispetto a lamivudina (il 13% contro il 4%, rispettivamente). La natura e il tasso di incidenza degli effetti indesiderati si sono rivelati simili tra i pazienti trattati con telbivudina e quelli trattati con lamivudina.

Studio di confronto diretto con adefovir: risultati principali

Uno studio di confronto diretto con adefovir della durata di un anno che prevedeva tre bracci di confronto, è stato effettuato per valutare se telbivudina fosse in grado di fornire una maggiore efficacia antivirale a 24 settimane e se i pazienti precedentemente trattati con adefovir beneficiassero da uno switch a telbivudina rispetto al proseguimento del trattamento con adefovir.

A 24 settimane, telbivudina ha ottenuto una soppressione virale significativamente maggiore rispetto ad adefovir (-6,30 contro -4,97 log10 copie/mL, p<0,01). A un anno, è stata riscontrata una maggiore soppressione della carica virale sia nei pazienti trattati con telbivudina per tutta la durata del trial (-6,55 log10 copie/mL) sia in coloro che sono passati a telbivudina dopo 24 settimane di trattamento con adefovir (-6,44 log10 copie/mL) rispetto ai pazienti trattati con adefovir per tutta la durata del trial (-5,72 log10 copie/mL).

Sia telbivudina che adefovir sono risultati ben tollerati. Durante lo studio, sono state osservate due alterazioni dei parametri di laboratorio di grado 3 e 4. Un paziente trattato con telbivudina e un altro paziente passato da adefovir a telbivudina alla ventiquattresima settimana hanno presentato neutropenia. Con la prosecuzione del trattamento, entrambi gli eventi si sono risolti entro la visita successiva, sei giorni dopo. La diversa natura e il tasso di incidenza degli effetti indesiderati si sono rivelati simili tra i pazienti trattati con telbivudina e quelli trattati con adefovir.

In questo studio, 135 pazienti affetti da epatite B cronica HBeAg positivi sono stati inizialmente randomizzati (2:1) ad adefovir o telbivudina per 24 settimane, con una randomizzazione secondaria (1:1) di pazienti trattati con adefovir a una prosecuzione con adefovir o a un passaggio a telbivudina dopo la ventiquattresima settimana.

Studio di switch in pazienti trattati con lamivudina: risultati principali

In uno studio effettuato su pazienti precedentemente trattati con lamivudina, il passaggio al trattamento con telbivudina ha portato ad una soppressione della carica virale significativamente superiore rispetto al trattamento continuativo con lamivudina (mediana -1,66 log10 copie/mL vs. -0,95 log10 copie/mL rispettivamente, p< 0,01).

Entrambi i trattamenti sono stati ben tollerati. Le elevazioni di grado 3 o 4 in ALT, AST e nel conteggio assoluto dei neutrofili, si sono rivelati più frequenti nei pazienti che hanno proseguito il trattamento con lamivudina rispetto a coloro che sono passati a telbivudina. Nel gruppo trattato con telbivudina, è stato riportato un solo caso di alterazione di protrombina.

La diversa natura e il tasso di incidenza degli effetti indesiderati si sono rivelati simili tra i pazienti trattati con telbivudina e quelli trattati con lamivudina.

Lo studio di switch da lamivudina a telbivudina è stato condotto su 245 pazienti precedentemente trattati con lamivudina per 3-12 mesi. I pazienti sono stati randomizzati alla prosecuzione con lamivudina o al passaggio a telbivudina per un anno.

Collaborazione Idenix/Novartis

Telbivudina viene attualmente sviluppata in collaborazione tra Idenix e Novartis Pharma AG, nell’ambito di un progetto di sviluppo e commercializzazione definito nel mese di maggio 2003. Idenix è inoltre impegnata nello sviluppo di valtorcitabina, un altro composto per il trattamento dell’epatite B e di valopicitabina, un composto per il trattamento dell’epatite C, in collaborazione con Novartis. Tale progetto prevede che Novartis e Idenix promuovano congiuntamente telbivudina, valtorcitabina e valopicitabina negli Stati Uniti, Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito. Novartis possiede i diritti di esclusiva per la commercializzazione di telbivudina, valtorcitabina e valopicitabina nel resto del mondo.

Il presente comunicato stampa contiene alcune indicazioni che potrebbero non corrispondere ai futuri risultati. Nel caso in cui uno o più di tali rischi e incertezze si concretizzino, oppure nel caso in cui le assunzioni che hanno determinato le anticipazioni dovessero risultare errate, i risultati effettivi potrebbero essere diversi da quelli descritti in questa sede come anticipati, creduti, stimati o attesi.

NOVARTIS

Novartis AG (NYSE: NVS) è leader mondiale nell’offerta di terapie per proteggere la salute, curare le malattie e migliorare il benessere pubblico. Il suo obiettivo è scoprire, sviluppare e rendere disponibili prodotti innovativi per trattare i pazienti, alleviare le sofferenze e migliorare la qualità della vita. Novartis è la sola azienda al mondo a detenere la leadership globale sia nel settore dei farmaci protetti da brevetto sia nei generici, ed è impegnata a rafforzare costantemente un portafoglio concentrato su farmaci ad alto contenuto di innovazione, su farmaci generici di qualità a costi competitivi, su brand leader nel settore dei prodotti per automedicazione. Nel 2005 il Gruppo ha realizzato un fatturato di 32,2 miliardi di dollari e un utile pari a 6,1 miliardi. Circa 4,8 miliardi di dollari sono stati investiti in Ricerca & Sviluppo. Con sede a Basilea, in Svizzera, Novartis conta circa 97.000 collaboratori, in oltre 140 Paesi in tutto il mondo.

Bibliografia

1 Lavanchy D. J Viral Hepat. 2004 Mar 11 (2): 97-107
2 CDC Frequently Asked Questions.

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