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Nafld, creato un nuovo modello con gli organoidi che ha identificato anche un potenziale bersaglio terapeutico

Se l’attenzione sulla steatoepatite del fegato grasso non alcolico (Nash) è alta da diverso tempo, per la ricerca di un farmaco efficace, molto meno lo è sulla steatosi epatica non alcolica (Nafld), uno stadio precoce della Nash. Tra i motivi anche l’assenza di un modello affidabile da usare in ricerca. Una mancanza che hanno provato a colmare i ricercatori dell’Istituto Hubrecht nei Paesi Bassi, che hanno sviluppato organoidi di Nafld, causata da dieta, predisposizione genetica e disturbi derivanti da mutazioni di un singolo gene. Lo studio – pubblicato su Nature Biotechnology – ha portato anche alla scoperta di un potenziale nuovo bersaglio terapeutico.

Che cosa è la Nafld

La steatosi epatica non alcolica è causata da un accumulo di grasso in eccesso nelle cellule del fegato di persone che bevono poco o niente alcol. È fortemente associata all’obesità, al diabete di tipo 2 e ai marcatori di malattie metaboliche. Ma può essere dovuta anche a disturbi genetici dei lipidi ipobetalipoproteinemia familiare e abetalipoproteinemia e a diversi geni di rischio che potrebbero conferirne suscettibilità.

Manca un modello

Nonostante si stimi che circa un quarto della popolazione mondiale ne soffra, non esiste a oggi un modello che rispecchi la patogenesi della Nafld. Come spiegano gli autori dell’articolo infatti, i modelli di roditori hanno caratteristiche biologiche e metaboliche che rendono difficile la traslazione dei risultati sugli esseri umani. Mentre quelli basati su cellule umane non è chiaro se potranno avere un ruolo nello screening dei farmaci, perché sono difficili da modificare geneticamente e crescono rapidamente. Al contrario gli organodi possono essere geneticamente modificati e poi coltivati su larga scala, rendendoli attraenti per identificare nuovi trattamenti.

Gli organoidi con la Nafld

Da qui l’idea di coltivare gruppi di cellule epatiche a partire da cellule staminali umane, su cui riprodurre la Nafld, inducendo un accumulo di trigliceridi con tre differenti modalità che rispecchiamo la causa della malattia. In un caso hanno quindi “alimentato” gli organoidi con una miscela di acidi grassi liberi con un alto rapporto tra acido palmitico e acido oleico, un segno distintivo della dieta occidentale standard. Mentre negli altri due modelli, hanno utilizzato la tecnica di editing genetico Crispr-Cas9. Per indurre una variante genica considerata un fattore di rischio per la Nafld. E infine per inserire mutazioni di un singolo gene che portano a disordini lipidici.

I risultati dello studio

Gli scienziati hanno poi utilizzato gli organoidi “malati” per esaminare 17 farmaci testati in recenti studi clinici come potenziale cura per la Nash e Nafld. I candidati più efficaci (cilofexor agonista FXR di Gilead, aramchol modulatore SCD1 di Galmed, pioglitazone stimolatore PPAR-gamma di Takeda e un inibitore DGAT2 soprannominato PF 06424439) sembravano funzionare con lo stesso meccanismo in tutti i diversi modelli. Inibendo cioè la lipogenesi de novo, il percorso che trasforma l’eccesso di amido, zucchero e proteine nella dieta in acidi grassi. I ricercatori hanno anche notato che i fattori di rischio genetici e la presenza di disordini lipidici influivano sull’efficacia dei farmaci.

Nuovi bersagli

Infine hanno utilizzato gli organoidi per trovare potenziali bersagli terapeutici. Hanno così sviluppato una piattaforma di screening Crispr (FatTracer) in grado di identificare modulatori di steatosi e bersagli putativi utilizzando organoidi con mutazioni APOB e MTTP.  IN questo modo hanno scoperto il ruolo del gene desaturasi 2 degli acidi grassi (FADS2), la cui perdita di funzione ha provocato l’accumulo di grasso. La sovraespressione di FADS2 ha ridotto l’accumulo di grasso, indicando che potrebbe avere un potenziale bersaglio terapeutico.

Fonte: aboutpharma.com


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