Epatite e sport: come proteggere il fegato, l'esperto chiarisce tutti i dubbi
Il dottor D'Offizi spiega il doppio ruolo dell'attività fisica: può essere di grande aiuto (se moderata), ma occorre attenzione a quella da "contatto"
L’epatite è una delle principali patologie del fegato, causata principalmente da virus che determinano una malattia cronica in centinaia di milioni di persone e anche la causa più comune di cirrosi epatica, cancro al fegato e decessi correlati all’epatite virale. Si stima che 354 milioni di persone in tutto il mondo convivano con l’epatite B o C. In questo senso, l’attività sportiva svolge un duplice ruolo: da un lato può essere un aiuto a prevenire o aiutare chi ne soffre a gestire queste patologie, dall’altro è importante che chi pratica sport di contatto faccia attenzione, per via del possibile contagio attraverso il sangue, come spiega il dottor Gianpiero D'Offizi, Direttore UOC Malattie Infettive Epatologia dell’Ospedale Spallanzani di Roma, dove si sta svolgendo la campagna di screening gratuito per le epatiti B e C "Abbiamo fegato!", durante la quale il personale dell’ospedale eseguirà, in forma gratuita e anonima, test rapidi per le epatiti B e C i cui risultati saranno disponibili in 20 minuti.
Dottore, qual è il rapporto tra epatiti virali e sport?
“In questo caso, il ragionamento può essere duplice. Fare attività sportiva, anche moderata, può aiutare a migliorare i processi metabolici e quindi la funzione del fegato. Questo implica che un corretto stile di vita dal punto di vista alimentare e dell’attività fisica, in particolare nel soggetto con epatite cronica virale, rappresenta una strategia fondamentale per proteggere il fegato sia dall’insulto metabolico che da quello derivante dall’infiammazione virale. In questo caso l’attività sportiva, anche moderata, deve essere fortemente raccomandata, in particolare nei soggetti che presentano un forte rischio di fegato grasso. Riguardo al rischio di contrarre l’epatite virale attraverso le pratiche sportive occorre precisare che tale rischio è estremamente basso ed è legato principalmente alla tipologia della disciplina sportiva coinvolta. È intuitivo come in sport individuali il rischio di contagio per le epatiti virali sia praticamente nullo, non essendoci nessun meccanismo di trasmissione. Al contrario, in attività sportive caratterizzate da contatti fisici molto stretti e talvolta violenti come quelli della boxe, della lotta greco-romana, del rugby, il rischio può essere significativo, anche se la maggioranza degli atleti è vaccinata per questi virus.
In che modo l’attività fisica può contribuire a migliorare le condizioni di chi soffre già di epatite?
“L’attività fisica moderata sicuramente determina beneficio in quanto può contribuire a prevenire un peggioramento della malattia epatica. Effettivamente, l’esercizio fisico può ridurre l’infiammazione dell’organo migliorando i processi rigenerativi delle cellule epatiche e fornendo, nel contempo, un significativo livello di benessere psico-fisico per il paziente”.
L'attività fisica moderata può ridurre l'infiammazione del fegato. Viceversa, uno sforzo eccessivo può essere controproducente
Ha parlato di attività fisica moderata. Uno sforzo eccessivo invece può essere controproducente?
“Sì. L’attività fisica se esercitata in maniera intensa può rappresentare una controindicazione nel paziente epatopatico per l’eccessiva richiesta metabolica che può rappresentarsi. Un altro capitolo molto interessante, sulla possibilità di insorgenza di un danno epatico, è legato all’utilizzo degli steroidi anabolizzanti che spesso vengono assunti senza una chiara conoscenza scientifica e medica. Gli steroidi androgeni anabolizzanti sono usati dagli sportivi per gli effetti di sviluppo sui muscoli e per l'incremento della forza che ne consegue. Ma tali farmaci possono avere effetti collaterali proprio sul fegato con quadri clinici correlati alla durata e al quantitativo di steroidi utilizzati. Gli stessi effetti epatici possono diversificarsi anche a seconda del tipo di steroide utilizzato”.
Negli sport di contatto, dove il rischio di contrarre l’epatite aumenta, vi sono degli accorgimenti che si possono prendere?
“Per prevenire un possibile contagio di virus dell’epatite negli sport di contatto la vaccinazione - in particolare per l’epatite B - rimane il modello di prevenzione migliore. Nel nostro Paese, la vaccinazione contro l'epatite B è stata resa obbligatoria per legge nel 1991 per tutti i nuovi nati nel primo anno di vita e per gli adolescenti nel corso del dodicesimo anno di età. In tal senso, la copertura vaccinale in Italia si è tenuta quasi sempre al di sopra della percentuale raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) del 95%”.
Fonte: gazzetta.it