Epatite Delta (Hdv): perché è importante che i pazienti siano seguiti dai centri più esperti
Non soltanto per poter contare sulla terapia più adeguata: a partire da bulevirtide, l’antivirale di recente approvazione riconosciuto come la prima linea terapeutica nelle ultime linee guida dedicate alla diagnosi e al trattamento dell’infezione da Hdv.
Il referral di questi pazienti – ovvero la gestione nei centri di terzo livello – è importante fin dalla fase diagnostica. Perché, come già ricordato su queste pagine da Pietro Lampertico, “il test molecolare, essenziale per completare l’iter diagnostico dell’infezione da Hdv, viene effettuato soltanto in poche strutture”.
L’importanza del referral dei pazienti con epatite Delta
Opinione condivisa da Chiara Taibi, infettivologa dell’unità operativa complessa di malattie infettive ed epatologia dell’Istituto nazionale malattie infettive (Inmi) Lazzaro Spallanzani di Roma.
“Nei centri periferici ci sono delle barriere importanti, che riguardano tanto l’aspetto clinico quanto spesso quello linguistico”.
Questione, quest’ultima, da non trascurare, alla luce del crescente aumento di pazienti stranieri.
L’esperienza della struttura migliora anche il counselling dei pazienti
Secondo l’esperta, è importante che la gestione di queste persone sia affidata ai centri più esperti anche per un’altra ragione. “Il counseling che effettuiamo fin dal momento della diagnosi e l’opportunità che i pazienti hanno in un centro trapianti di contare anche sul supporto psicologico”.
Un aspetto, quello della comunicazione tra medico e paziente, che negli ultimi anni ha contribuito a migliorare la gestione della cura dei pazienti alle prese con l’epatite Delta.
E che non è di secondo piano nemmeno per le implicazioni psicologiche ed emotive che accompagnano i malati, come (peraltro) testimoniato dalle storie di Umberto e Antonella già raccontate
L’importanza del referral nel corso della terapia
Inoltre, vista la rapida progressione della malattia da Hdv verso forme avanzate di cirrosi, “si ritiene che i pazienti con epatite cronica Delta debbano essere seguiti presso centri epatologici con documentata esperienza nella gestione dei pazienti con epatite virale e accesso alla diagnostica di secondo livello”, è l’indicazione riportata nelle recenti raccomandazioni stilate dall’Associazione italiana studio del fegato (Aisf) e dalla Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit).
È fondamentale inoltre “che queste strutture abbiano uno stretto collegamento con i centri trapianto di fegato di riferimento a livello regionale per il referral dei pazienti con malattia scompensata o con epatocarcinoma”.
Nel documento – sottoscritto da Pietro Lampertico (Ospedale Maggiore Policlinico cdi Milano), Alessio Aghemo (Istituto Clinico Humanitas), Giovanni Battista Gaeta (già Università degli studi di Napoli Luigi Vanvitelli), Massimo Andreoni, Anna Maria Geretti e Valentina Svicher (Università di Roma Tor Vergata) – si legge inoltre che “tutti i centri autorizzati a livello regionale a prescrivere antivirali diretti contro l’Hcv che presentano queste caratteristiche possono essere considerati come le strutture ideali per il referral e la gestione di pazienti con epatite Delta”.
La centralità del medico di medicina generale
Per fare in modo che tutto vada per il verso giusto, secondo le indicazioni fornite, “un ruolo di primo piano lo riveste il medico di medicina generale”, afferma Taibi. Tra i suoi compiti, secondo la specialista, rientra “l’indicazione allo screening per l’epatite Delta da dare a tutti i suoi assistiti già positivi al virus dell’epatite B”. Informazione ancora più preziosa se indirizzata a un paziente straniero, in Italia da pochi mesi e con un inevitabile gap anche linguistico.
“In questi casi esistono anche altri centri a disposizione degli immigrati, in cui al medico spesso si affianca un mediatore linguistico – conclude Taibi -. Anche questa figura è molto importante per verificare che tutte le indicazioni date a un paziente siano state realmente comprese”.
Fonte: aboutpharma.com