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Epatite e cancro al fegato allarme nel Vesuviano

Lo studio del Registro dei tumori nei 35 Comuni dell’Asl 4 su un campione di 10mila persone Cirrosi più frequente nelle donne

Nei trentacique Comuni del territorio dell’Asl Napoli 4 è stato riscontrato un eccesso di mortalità per epatocarcinoma e un eccesso di incidenza di cirrosi epatica. Rispettivamente, il doppio e il triplo rispetto alla media nazionale. In particolare, negli anni tra il 2002 e il 2005 sono morti in media 40 donne per epatocarcinoma e 71 uomini, mentre per cirrosi epatica le morti registrate sono state 101 donne e 100 uomini.Inoltre, sono stati registrati nello stesso periodo di indagine, mediamente 105 casi di nuovi epatocarcinomi all’anno tra i maschi e 43 nuovi casi tra le donne.

Queste dunque le premesse che hanno spinto un pool di esperti del Registro tumori di popolazione della Regione Campania e del Servizio epidemiologia e di Patologia clinica territoriale dell’Asl 4 ad avviare un’indagine di popolazione sulla prevalenza di infezioni da virus di epatite C ed epatite B come probabile causa della mortalità di tumore al fegato. Lo studio, condotto tra il 2003-2005 ha visto la collaborazione con l’istituto nazionale delle Malattie infettive Spallanzani di Roma e il centro di Riferimento oncologico di Aviano. «Questa indagine - spiega il direttore del servizio di Epidemiologia dell’Asl 4 Raffaele Palombino - è stata finalizzata per meglio definire il profilo di rischio infettivo, e conseguentemente oncologico, della popolazione residente nell’area dell’Asl 4, e a valutare inoltre l’opportunità di uno screening di popolazione per l’infezione da virus di epatite C di cui non vi è alcun vaccino al momento rispetto al virus di epatite B».

La distribuzione del virus, confermano gli studiosi dell’indagine, è universale, colpisce circa il tre per cento della popolazione mondiale con una frequenza particolarmente elevata registrata in alcuni paesi africani quali Camerun ed Egitto. In Italia gli studi hanno riscontrato una diffusione generalmente superiore al tre per cento nei soggetti nati prima degli anni Cinquanta, soprattutto per le popolazioni delle aree meridionali e insulari. Cifre tendenti ad aumentare nei soggetti di età maggiore di 60 anni causa dell’utilizzo, nel passato, di strumenti di largo impiego non monouso e a rischio di contaminazione ematica quali rasoi, siringhe di vetro o monouso non sterilizzate, ma anche strumenti chirurgici o odontoiatrici non sterilizzati in modo adeguato.

L’indagine sulla prevalenza del virus dell’epatite C e B effettuata nell’Asl 4 nel triennio 2003-2005 è stata condotta su un campione di circa diecimila pazienti, che sono stati invitati a recarsi presso l’ambulatorio del loro medico di medicina generale per effettuare una prima intervista e successivamente, presso il laboratorio distrettuale, un prelievo di sangue. Tra novembre 2003 e maggio 2006, delle circa 10mila persone arruolabili, solo 4mila 462 (il 48,3%), hanno accettato di sottoporsi al prelievo. Un’operazione dunque non facile già dall’inizio: «Il tasso di adesione allo studio - spiega Palombino - è risultato più alto tra le donne con il 60,7% rispetto agli uomini con il 50,9% e aumentava con l’avanzare dell’età: più basso nei giovani tra i 20-34 anni con il 50,2% rispetto al 66,8% degli adulti tra i 55-64anni».

In Italia gli studi hanno riscontrato una diffusione superiore al tre per cento nei soggetti nati prima degli anni Cinquanta, soprattutto per le popolazioni delle aree meridionali e insulari.

Patrizia Panico 

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